C’è un piccolo aeroporto ad Asthipalaya, in un’ora di volo si è ad Atene, città affascinante ma caotica.
Ma scegliamo la nave, 10 ore, un allontanamento lento, un avvicinamento lento, con l’idea illusoria di procrastinare il rientro.
E anche per evitare un jet lag energetico e mentale.
Partiamo alle 5 di mattina, ed è una stella blu che ci trasporta, la Blue star ferry. Fiduciosi entriamo nella sua “pancia” intanto che inizia a piovere forte, con raffiche di vento, tuoni e lampi. Gli spiriti ci salutano e Poseidone inizia una discussione accesa con Zeus, suo fratello. Quando tutto sembra calmarsi dalle nuvole esce il sole, da una cornucopia dorata lascia cadere monete d’oro nell’acqua.
E il mar Egeo le accoglie per compensare il grande dolore. Perché il nome del mare è il nome di Egeo, uno dei re di Atene. Suo figlio Teseo fu un eroe ateniese artefice della morte dello spaventoso Minotauro metà uomo metà toro.
Ogni anno Atene mandava 7 fanciulli e 7 fanciulli come pasto del Minotauro. Teseo decise di porre fine a questo macabro rituale e si recò a Creta. Ma era impossibile districarsi nel labirinto di Cnosso.
Solo con l’aiuto del filo di Arianna, figlia di Minosse e sorella del Minotauro, Teseo riuscì a uccidere il Minotauro e ad uscire dal labirinto. Teseo aveva promesso ad Arianna di sposarla ma, assolto il suo compito di uccidere il Minotauro, invece di portare Arianna a Creta per il matrimonio l’abbandonò su un’isola.
Nel suo impeto giovanile si dimenticò di cambiare il colore delle vele della sua barca: se fosse tornato vivo sarebbero state bianche, in caso della sua morte nere.
Quando Egeo vide le vele nere pianse la morte del figlio e si gettò nel mare, quel mare che da va lui prese il nome.
E così la mitologia gioca con le onde alte del mare, sfidando la “stella blu”. E le isole, come le perle del komboloi, il rosario greco, scorrono mosse da dita abili. Donoussa, Paros, Naxos con il tempio di Apollo a ricevere le navi e l’immensità del mare: le ore passano lente fra storia e mitologia
Mariarosa Genitrini