– Di cosa è mancato tuo figlio?
Un groppo alla gola ed un atavico senso di vergogna che impediscono alle lacrime del cuore di raggiungere gli occhi, spesso non consentono una risposta in quanto di suicidio normalmente non si parla.
Il 6 Luglio dell’anno 2000, mentre cercavo nel computer di mia figlia qualche sua traccia nella mia disperata ricerca di trovarla dopo tre giorni che era sparita, ho ricevuto una telefonata che non avrei mai voluto ricevere: i carabinieri mi informavano di avere ritrovato il corpo esanime di mia figlia che si era impiccata per amore, in un piccolo albergo di Milano, dopo aver perso il giovane marito con il quale aveva un legame assoluto.
Ricordo che, nelle sue comunicazioni dall’aldilà, mi ha poi scritto che loro due erano come le “due facce di una stessa , unica medaglia trovata nella sabbia del deserto”.
Anche se ho avuto la certezza che la mia anima sapesse già, le mie mani tremavano nello scrivere l’indirizzo dell’obitorio dove avrei dovuto recarmi per il riconoscimento della salma. In una frazione di secondo mi sono sentito prosciugare dal dolore e morire, forse per lo strazio della mia anima che avrebbe voluto raggiungere la sua, che tornava a casa, ma ho deciso di continuare a vivere e di non scappare davanti ad una prova così difficile per un essere umano.
Sono passati da allora ormai vent’anni, ma quegli istanti interminabili, quello strappo del cuore che mi ha tolto il respiro risucchiandomi in mondi a me sconosciuti, non potranno mai essere dimenticati o descritti a parole. Resterà dentro di me, una profonda ferita che mi accompagnerà fino al momento in cui potrò riabbracciare quell’anima stupenda che mi aveva scelto come padre e con la quale mi sono sempre sentito in naturale sintonia. Ho avuto modo in questi lunghi anni, anche per i libri che ho scritto, incontrare molti genitori che avevano perso i propri figli e sperimentato quel sentimento di grande empatia che lega persone che, avendo vissuto il medesimo dramma, si potevano comprendere. Mi sono reso conto di questo blocco, da parte di molti di loro, fino a pronunciare la parola suicidio: la morale cattolica ci ha sempre parlato di peccato mortale, di anime che andavano all’inferno, ed una volta, i suicidi non avevano nemmeno il diritto di sepoltura nei cimiteri. Ancora vent’anni fa, mi è stata ripetutamente negata la richiesta di una messa funebre per mia figlia a causa di quel tipo di morte; incredibile, ma purtroppo verità, come se la Chiesa si potesse arrogare il diritto di giudicare qualcosa di così difficile comprensione per gli esseri umani. Tutte le comunicazioni ricevute in questi anni mi hanno al contrario confermato che non esiste giudizio o condanna per queste anime che non ce l’hanno fatta ad andare oltre al proprio dolore o disagio nel vivere una vita non più in sintonia con la loro. Da dimenticare pertanto, qualsiasi senso di colpa che troppo spesso tende a non far più vivere, ma a costringe a sopravvivere genitori che si sentono responsabili di una simile morte: ognuno è sempre il solo ed unico responsabile ed artefice del proprio cammino! Tornati alla nostra vera casa, saremo sempre noi , assistiti dalle nostre guide a giudicare le nostre azioni ed a comprendere quelle che non sono state in linea con il progetto della nostra anima e ci faranno vedere la parte del film che abbiamo deciso di non interpretare. Ci dicono che nell’aldilà i nostri figli, per loro scelta e per l’esperienza vissuta sulla propria pelle, si occupano di ricevere le anime che hanno deciso di compiere il loro gesto, quando non riescono a fermarle prima. Il messaggio più importante che ho ricevuto sull’argomento , è che il suicidio più grande consiste nel non amare noi stessi. Uno spunto di riflessione per iniziare ad amarci di più, perché solo così facendo, la nostra vita potrà tornare ad avere un senso e questo amore avrà il potere di essere irradiato, facendosi balsamo di guarigione per anime ancora in terra e che stanno soffrendo ed hanno bisogno di ascolto, anche nel silenzio, perché, in questi casi, le parole non servono.