La valorizzazione dei centri cittadini nel corso della storia (anche di arte e architettura)

La città nasce storicamente col compito di ammassare coloro i quali, rinunciando ad una parte dei loro diritti nel non violare quelli dei “vicini”, hanno ravvisato nella forza del numero un mezzo di protezione fisica e economica.

E questo è indubbiamente un valore, “prezzato” quantomeno nell’ultimo Secolo, rappresentato dai prezzi maggiori  che mediamente gli immobili cittadini vantano rispetto a quelli extraurbani (ovviamente escludendo le località turistiche alla moda).

Ma come si è strutturato nel corso della Storia questo “upgrade” valoriale? In realtà è sempre questione dell’attività umana profusa nell’implementazione e nel mantenimento dell’offerta di sicurezza che, man mano, diventa anche offerta di crescita non solo economica ma anche culturale.

Ecco che allora questo aspetto si manifesta primariamente in ambienti urbanizzati leader (centri di potere, le Capitali in primis) o connotati da peculiarità innovative. Se da un lato pensiamo a New York e a come innumerevoli progetti urbanistici realizzati (scade in questi giorni il 90mo dell’inaugurazione del Chrisler Building di William Van Alen, simbolo assoluto dell’Art Decò) hanno connotato la Grande mela come lo Shamballà mondiale degli ultimi 100 anni, dall’altro vediamo come la non proprio leader (anche se da Secoli tenta di diventarlo) Barcellona di Gaudì abbia innovato prima di altri la rete stradale con l’introduzione degli slarghi agli incroci delle vie per venire incontro alle problematiche del transito sempre più veloce dei veicoli a motore.

Non che in altre città non si sia provveduto alla realizzazione di altre iniziative notevolissime, spesso peraltro connotate dal fatto di rendere meglio raggiungibile il centro della città (e del Potere). Si pensi allo sbancamento di Parigi da parte del Barone Hausssmann per la creazione dei grandi viali o la creazione del Ring a Vienna dove sorgevano le antiche mura, quando invece altrove non si è colta questa necessità, come ad esempio a Praga, dove accanto a storici quartieri come Malà Strana, si sono sviluppati con giustapposizione meno strutturata quelli di Praga 2, 3… . Non raramente (anche se in misura nettamente minoritaria) si sono anche visti ambiti urbanistici innovativi sperimentati in contesti dove la leadership politica è stata sostituita da quella culturale. Se la potente Parigi dei primi decenni del Novecento con la forza di un genius loci formidabile rappresentato anche (ma non  certo solo) da quella Tour Eiffel (che dopo l’Expo del 1889 avrebbe dovuto essere smontata!) richiamato gran parte delle Avanguardie culturali dell’Epoca (da Modigliani a Picasso, tanto per citare il solo contesto artistico), non per questo la ben meno rilevante (e sinonimo della crisi postbellica del momento) Weimar non era stata in grado di esprimere eccellenze come il Bauhaus, attraverso i suoi esponenti principali (dal Direttore Gropius, Architetto, a Kandinsky a Klee ad Albers, pittori) e le sue ‘vision’, prima fra tutti la “case bauhaus” progettate per la nuova piccola-media borghesia che si stava affacciando nella Società. E solo 2 anni prima, nel 1917, a Leida ( non a Londra!) era sorto uno dei Movimenti più innovativi come De Stijl, fondato da Van Doesburg, architetto pure lui, e rappresentata dai geni immensi del Neoplasticismo, da Mondrian a Vantangerloo a Bill.

Pertanto risulta evidente come sia in ogni caso sempre la concezione ispirata umana a generare gli aspetti significativi atti a rendere le città “eterne”: ovviamente nelle Capitali del Potere c’è maggior probabilità che ciò accada per motivi anche statistici, visto che l’ammassamento dei “geni” tende ivi ad essere maggiore. Così nella Firenze non solo certo più brunelleschiana( in grado di elaborare concetti assoluti come la “città ideale” di cui all’anonimo dipinto forse attribuibile a Leon Battista Alberti) dei Medici di Lorenzo e nella Roma in cui “imperversavano divinamente” Michelangelo e Raffaello di Leone X e Clemente VII ( Medici). E per arrivare ai giorni nostri nella Londra della Torre Cetriolo di Norman Foster o della Torre dei Lloyds di Richard Rogers, che rappresentano le propaggini delle personalità che li hanno preceduti, dal John Nash di Backingham Palace al Christipher Wren di Saint Paul.

Non ci sono fattispecie valide per tutte le stagioni in questo ambito. Possono esserci fenomeni urbanistici che si sviluppano su intuizioni recenti, come la Basilea diventata il simbolo dell’Art Market mondiale e fine XX Secolo, così ben rappresentata dalla Messeplatz di Renzo Piano, Ovvero millenari. Si pensi alla Venezia del Palazzo Ducale, concepito da personalità formidabili come Palaldio, Del Ponte e Rizzo, o del Palazzo Venier dei Leoni (oggi Fondazione Guggenheim) progettato oltre 200 anni fa da Lorenzo Boschetti, via via fino ai giorni nostri, a Gae Aulenti e Tadao Ando che mettono mano sapientemente a Palazzo Grassi (e il solo Ando anche anche a Punta della Dogana), per sconfinare, forse meno sapientemente, su Santiago Calatrava ed il suo ponte di Piazzale Roma. Una citazione a livello nazionale la merita anche Torino, ex-centro di Potere che il Potere ha gestito a lungo. Qui il genius loci della valorizzazione cittadina non è tanto rappresentato dalla Mole Antonelliana, quanto dai Movimenti che ne hanno determinato un arredo urbano prezioso. Dal Barocco di Vittone e Juvarra (progettista assieme ad altri come il Castellamonte e l’Alfieri di una Reggia che voleva quasi competere con Versailles, a Venaria) al Liberty di Pietro Fenoglio con la sua Villa Scott al Razionalismo di Levi-Montalcini e Popatschnig e il loro Palazzo Gualino fino all’Eclettismo di un genio assoluto come Carlo Mollino ed il suo Teatro Regio.

Paolo Turati

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