Con la prospettiva di un incremento inflattivo dietro l’angolo, molti si domandano quale forma di allocazione degli investimenti valga a coprire meglio malaugurate perdite nel potere d’acquisto. Va detto innanzitutto che da una decina d’anni a questa parte si sta sempre più decorrelando il calo o l’aumento dei saggi d’interesse rispetto al Mercato azionario. Per Secoli è stato un pilastro della Macroeconomia l’andamento opposto di prezzi azionari e tassi d’interesse ma pare che il Mondo finanziario abbia deciso diversamente e che entrino ormai strutturalmente in gioco altri fattori che la crisi del debito del 2008 ha costituito come nuovi driver con potenziale diverso rispetto al passato. Aumenta l’inflazione e quindi il costo del danaro per le aziende? Nessun problema, parrebbe dirci la nuova teoretica finanziaria, anzi, meglio: vuol dire che torna la domanda di beni, di servizi e di energia e quindi le imprese tornano a fatturare e a guadagnare bene…tanto i tassi di interesse, “ se da sotto zero vanno al 2%, cosa vuoi che cambi?”. Per noi anziani, che abbiamo visto saggi di interesse del 25%( ma ci siamo persi l’inflazione della Repubblica di Weimar, per fortuna!), in effetti il discorso pare avere una sua logica e ci adeguiamo e per i più giovani la questione non pare così appassionante: ci si dovranno appassionare obtorto collo quando l’aumento inflattivo e dei tassi di interesse susseguente farà scoppiare nei prossimi anni( o mesi?) la bolla più grande di tutti i tempi, quella dei bonds anche sovrani, in quanto quello sì che si ripercuoterà nei bilanci di Banche e Assicurazioni e trascinerà a sua volta i Mercati azionari in ribasso severo. In senso più generale, i beni reali non sono toccati dall’inflazione ( né dalla svalutazione di una valuta). Come gli immobili e i terreni, le opere d’arte non fanno eccezione. E’ anche questo uno dei motivi per cui l’Art Market internazionale degli Artisti e dei Maestri di alto standing con grande livello di liquidabilità ( per quelli di interesse solo nazionale o, peggio, regionale, è invece in contrario) ha mantenuto prezzi e volumi forti nonostante le problematiche economiche di vario genere di questi ultimi anni, ivi compresa la pandemia. Un secondo motivo del buon andamento dell’Art Market Globale è che nel Mondo, grazie anche alla suddetta bolla, non c’è mai stata tanta ricchezza finanziaria e i più accorti non si fanno mancare l’occasione per trasformarne parte in ricchezza reale, in taluni casi anche con fini di status symbol utile per lo sviluppo del loro business. Un terzo fattore è che le opere d’arte sono praticamente gli unici beni rimasti ( assieme agli orologi e poco altro) il cui possesso vale titolo, sicché sono trasferibili con la semplice consegna fisica( anche solo della cassetta di sicurezza che li contiene magari in un freeport elvetico) e l’avvento degli NFT appare un ulteriore boost per l’Art Market del prossimo futuro( qui l’immagine di 5 files Tif d’antan di Warhol recentemente venduti da Sotheby’s https://www.nftculture.com/nft-news/andy-warhol-nfts-on-christies/ ). Un fattore negativissimo sarebbe se scoppiasse un fenomeno bellico grave ( e, allora, la scarsissima liquidità per paradigma dei beni artistici rappresenterebbe un vulnus rilevante), o si arrivasse ad una Recessione perdurante( e non a “V” come nell’Economia mondiale a causa della Pandemia, che ne ha generata una a “W” sull’Art Market) diversamente, appare plausibile a tutt’oggi che l’investimento in Arte( se si è competenti ben assistiti) di una quota non grande( 5-10%) del proprio Patrimonio rappresenti un buon “muro” contro l’Inflazione…..e anche altro.