Risveglio

Pur cosciente del fatto che sia molto difficile prendere coscienza degli obbiettivi del nostro piano di vita, stabilito dalla nostra anima prima di entrare nel mondo della materia, credo che gli eventi drammatici che mi hanno coinvolto in questa vita terrena, con la morte di una figlia suicida per amore, a soli ventidue anni, abbiano cambiato profondamente il corso della mia esistenza.

Mi hanno infatti consentito di raggiungere, nell’arco di quei mesi necessari a far tacere la urla di rabbia per qualcosa che la mia mente non poteva accettare, quella chiarezza interiore, necessaria ed indispensabile per comprendere di aver finalmente ritrovato quel cammino, che avevo dimenticato, perso nelle nebbie della quotidiana normalità.

Ho finalmente compreso la sostanziale differenza tra il “vivere” ed il “sopravvivere” ed ho deciso di vivere; credo si sia trattato di un dono divino, di una rinascita che mi ha risparmiato il fastidio di dover morire per poi ricominciare da capo. Ho piena coscienza infatti di essere morto ed il grande privilegio di essere rinato all’istante; una specie di brevissimo stato di coma.

In quel risveglio ho visto, forse per la prima volta, la rara bellezza di un’alba luminosa ed ascoltato il sussurro della mia anima, che mi faceva sentire ancora vivo, tremendamente vivo;

mi sono sentito come un bimbo appena nato, ma il mio pianto, questa volta era di pura gioia per la comprensione totale della bellezza della vita, nonostante quel dolore che, se aveva provocato una profonda lacerazione del mio cuore, aveva avuto in ogni caso il potere incredibile di risvegliare la mia anima assopita.

D’un tratto avevo compreso che era giunto il momento di asciugare le mie lacrime e di iniziare questa nuova esperienza con gli occhi incantati di un bimbo che scopre in ogni momento, qualcosa di nuovo. Ho iniziato ad amare anche le persone che credevo non avrebbero mai potuto capire cosa significasse perdere una figlia in quel modo, persone che, nei primi momenti, mi urtavano con i loro sguardi di compassione, con le loro assurde pretese di propinarmi ricette adatte a combattere le mie lacrime, invadendo la sacralità di questo mio spazio di dolore, esclusivo e personale.

Ora vedevo in modo diverso quelle persone; una luce a me fino al momento sconosciuta, aveva rischiarato i loro volti fino a farmi riconoscere occhi benevoli di miei fratelli che forse avevano versato lacrime di dolore ancor prima di me.

E’ stata una rivelazione: mi sono sentito amato e compreso da esseri umani che parlavano il mio stesso linguaggio, fatto di poche parole, di abbracci e di silenzi che dicevano tutto; ho avvertito nella loro semplice presenza una profonda condivisione del mio dolore.

Un dolore che va compreso con il cuore, perché la mente non sarà mai in grado di accettare che questo nostro figlio, questo nostro compagno di viaggio, avesse terminato il percorso che si era assegnato e fosse arrivato il momento del suo ritorno a casa.

Ora tutto mi tornava: riconoscendo me stesso negli altri esseri umani ho iniziato a farmi un’idea di quella che sarebbe stata la mia missione: desideravo fermamente pormi al servizio degli altri, fare qualcosa per gli altri, divenire semplice tramite dell’amore che ricevevo per donarlo a mia volta a chi ne avesse più bisogno.

La nostra esperienza di esseri spirituali a confronto della materia ha un senso esclusivamente nella nostra crescita interiore e nella nostra capacità di amare: sappiamo bene che l’amore che saremo riusciti a donare sarà infatti l’unica cosa che potremo portare con noi, al momento del nostro ultimo viaggio, quando potremo riabbracciare i nostri figli che sono già nella luce.

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