Il gusto normalmente lo si associa con la percezione papillare, del palato. Invece esso è solo uno degli aspetti che ricomprendono il “piacere” e non il contrario; in effetti se lo consideriamo esclusivamente come uno dei cinque sensi, esso potrebbe essere ricondotto solo al gusto per il cibo e poco altro. Il piacere invece vi è ricompreso, è derivazione del gusto e non è, il gusto, derivazione del piacere.
Il gusto incide il 100% sulla nostra vita, sia a livello sensoriale che a livello visivo, olfattivo, etc. e quindi a livello mentale.
Al gusto è riconducibile direttamente la sensazione di benessere che si raccoglie con tutti i sensi del nostro corpo, con i nostri pensieri, con le nostre esperienze, coi nostri ricordi, tutto insomma riconduce al gusto. Così però, di primo acchito, non sembrerebbe; invece, e vi invito a rifletterci con attenzione, le nostre scelte e il nostro umore promanano proprio dal gusto, solo da quello, che viene percepito con tutti gli altri quattro sensi ma anche dalla nostra cultura, educazione, atteggiamento che trova radice nei nostri pensieri, nella nostra mente e, altresì, da ciò che ci portiamo dentro nel nostro ricordo arcaico.
Le emozioni nascono dal gusto, e vedere, toccare, pensare, apprezzare, comprendere il momento, ascoltare, e fondere tutte le sensazioni che ciò provoca, mescolate alle nostre conoscenze, storia, capacità di apprezzamento, sforzo nella ricerca, gratificazione nella conquista, è il senso del tutto.
Nel gusto c’é lo scopo della nostra esistenza, ma attenzione: è anche molto pericoloso non avere una capacità e una maturità di comprendere l’importanza del gusto perché esso può determinare atteggiamenti malevoli che sfociano nella gelosia, nell’invidia e nelle dipendenze, tutte emozioni negative che creano disagio a se stessi e agli altri senza, spesse volte, esserne consapevoli.
Si può essere dipendenti dal cibo, dal sesso, dal danaro, quindi costruirci dipendenze fisiche e dipendenze mentali senza che ce ne accorgiamo, anzi diventano queste, spesse volte, regole di vita sbagliate che poi andiamo ad imporre ad altri, come l’atteggiamento del rifiuto e del perdono (nessuno ha piacere nel sentirsi rifiutare – o nel non raggiungere l’obiettivo di conseguire – un desiderio, o nel dover chiedere scusa, nel dover accettare una sconfitta o nel dover perdonare se non è dotato di un grado evoluto di pensiero).
Nella vita pertanto bisogna saper gestire il gusto e concentrarci sempre per affrontare le scelte più giuste per le nostre attitudini naturali senza condizionamenti e fuorvianze. Dobbiamo riconoscere il limite agli obiettivi che il gusto ci propone, soprattutto di quantità, dobbiamo sempre far si che la nostra coscienza ed evoluzione ci guidi come giusto filtro che sappia misurare e rendere corretta la gratificazione del gusto e del piacere, la sua esternazione, perché lo sconfinare nell’eccesso è veramente un attimo, un margine invisibile e indefinibile con precisione se non nei limiti e confini delle regole sociali.
Non dimentichiamoci che c’é un diritto naturale e un diritto scritto dall’uomo che spesso sono diversi se non addirittura castranti o frustranti in conseguenza di dogmi religiosi, culturali, sociali, etc. che compongono la nostra formazione ed educazione e che creano spesso danni o comunque condizionamenti a volte impossibili da rimuovere. Figuriamoci poi che indubbiamente essi incidono sulla qualità della vita e sull’espressione e realizzazione più ampia della propria individualità.
La cosa migliore certamente sarebbe una società dove ognuno nel rispetto delle libertà di ciascun componente potesse esprimersi senza strutture mentali preconcette e senza vincoli morali, affettivi o di responsabilità nei confronti di nessuno per far si che ognuno, in un ambito di amore vero solo verso la vita nella sua espressione più semplice ma nel contempo più alta e nobile, si crei il proprio equilibrio e piacere nel rispetto degli altri.
Di conseguenza possiamo dire che il gusto è importante a pari passo all’evoluzione del pensiero; se il pensiero non è evoluto c’é abuso, vizio e pertanto imposizione di regole necessario al controllo e alla gestione del vizio, dell’abuso dell’esagerazione. Solo laddove esistesse un pensiero evoluto ci sarebbero le condizioni per poter assorbire e godere del gusto e del piacere in maniera piena e naturale e raggiungere quell’elevato punto di soddisfazione e appagamento che di fatto determinerebbe il vero obiettivo della vita oltre all’esperienza di vita.
Da “I colloqui con Andrea” di Vittorio Spampinato – presso lo Studio Andrea Penna – Preganziol, marzo 2021