L’ascolto è stato definito uno dei cinque sensi; secondo me è molto riduttivo confinarlo all’interno di uno fra essi. L’ascolto è affiancabile all’osservazione, complementare ad essa, ne costituisce il completamento.
Ascoltare e guardare sono le attività dei sensi che ci danno maggiori informazioni e coloro che, ahinoi, ne sono privi per infortuni, per patologie o per disfunzioni di altro tipo In tanti casi fin dalla nascita, sviluppano in alternativa gli altri sensi per raggiungere lo stesso grado di percezione (e molto spesso anche in maniera maggiore con tanto di apprezzamento qualitativo).
L’ascolto da vita all’immaginazione. Pensate a quando da piccolo un nostro caro ci leggeva la fiaba. Il tutto si sviluppava dall’ascolto.
Pensateci bene. Il nostro pensiero, le nostre immagini, le nostre sensazione di piacere o di disagio, perfino pure di paura partivano dall’ascoltare; ascoltare i litigi così come le parole d’amore di una persona che ci è vicina sono momenti che rimangono dentro di noi, segnali potenti che incidono più o meno profondamente su di noi, che ci guidano ad accettare o meno un attimo, un confronto, un’esperienza e a riconoscere ciò che ci piace da ciò che non ci piace.
Ascoltare è sempre un’attività introiettante mentre il tatto e la vista sono attività rivolte verso l’esterno, fuori di noi, che scandagliano il mondo che ci circonda.
Ascoltare quindi è un’attività da cui attingiamo informazioni che portiamo successivamente dentro di noi, alcune le tratteniamo altre le lasciamo andare; l’ascolto trasporta un’informazione, un contenuto qualcosa che ci spinge all’azione verso l’esterno. E’ un impegno.
L’ascolto poi si sintonizza sulle frequenze che il suono si sviluppa. Il silenzio libera la frequenza, senza silenzio non ci sarebbe frequenza; così come il bianco racchiude tutti i colori il silenzio è tutto, la base di partenza del tutto e la dimensione verso cui il tutto ritorna.
Il silenzio pertanto è importante così come il suono naturale degli elementi di cui si compone il Creato, frequenze che noi ci portiamo dentro e che fanno parte della nostra costituzione fisica e mentale ancestrale. Pensiamo a quando istintivamente rifiutiamo un richiamo aggressivo di un animale, un suono che ci inquieta o ci fa paura, piuttosto di come piacevolmente ci sottoponiamo al piacevole ascolto di una dolce cascata o del canto di un uccellino o il fruscio delle fronde mosse dalla brezza, le onde del mare.
Ascoltare pertanto è la prima attività che ci permette di aprire noi stessi verso il mondo esterno, apre le porte alla coscienza, nel senso che raggiunge gli ambiti più nascosti e remoti depositati nelle nostre memorie inconscie, delle nostre informazioni anche biologiche, e influenza costantemente e fortemente la nostra vita. E ciò smuove tutto: emozioni, stimoli, memorie, azioni
Chi non vuole ascoltare è perché rifiuta ciò di cui ha paura, è attività infatti anche di difesa, plausibile in tanti casi ma negativa in molti altri perché può racchiudere non solo legittime paure ma anche chiusure mentali e difficoltà ad entrare in contatto con il nuovo a cui invece dovremmo sempre, con la dovuta, sottoporci per evolvere e raggiungere quel cambiamento che porta all’evoluzione che è poi, in definitiva, la missione della nostra vita.
Da “I colloqui con Andrea” di Vittorio Spampinato – presso lo Studio Andrea Penna – Preganziol, marzo 2021