Lectio Magistralis per accettazione Laurea Apollinaris Poetica dell’UPS – Università Pontificia Salesiana di Roma

Grazie infinite per l’onore che mi viene reso con questa, preziosissima per me, Laurea Apollinaris Poetica.  Un riconoscimento alla creatività di un autore di Non provenienza letteraria, come del resto è capitato frequentemente a tanti prima di me, in altre circostanze.

La Poesia come forma di comunicazione vive oggi, come ha già vissuto in altri tempi, momenti di difficoltà, tanto che qualcuno come al solito, ne canta la morte e questo per essere in qualche modo soffocata da forme in apparenza più efficaci e di maggiore potere comunicativo.

Tuttavia nonostante tutto la Poesia sopravvive.

Vive una vita differente, resa possibile dalla maggiore facilità di pubblicazione offerta dalla rete e dalla stampa digitale, con tutte le contraddizioni che queste possibilità comportano per la qualità.

Torna ora come allora a proporsi il dilemma: E’ ANCORA POSSIBILE LA POESIA, è stata questa la domanda che si è posto Eugenio Montale nel 1975 a Stoccolma in occasione del conferimento del Premio Nobel.  La sua risposta:

“La Poesia non serve a nulla; è un prodotto assolutamente inutile ma quasi mai nocivo.”

L’affermazione valeva allora e vale ancora oggi. Montale distingueva modalità diverse e possibili di Poesia ma riconosceva che la forma grafica prevalente della Poesia di ogni tempo è la Scrittura Verticale, una scrittura in cui anche gli spazi bianchi hanno un significato espressivo. Una scrittura che suggerisce, anzi impone delle modalità precise di lettura o di declamazione. E questo differentemente dalla narrativa in cui la pagina non impone alcuna regola e forse, solo attraverso la punteggiatura, suggerisce un ritmo e una cadenza.

Un critico autorevole ha asserito che la pagina poetica, cioè il suo aspetto grafico è come uno Spartito Musicale. Un documento cioè che deve suggerire, anzi imporre, le modalità corrette di lettura anche per chi debba leggere senza indicazioni da parte dell’autore. Condivido poi l’affermazione che è stata di Ungaretti e di altri autori di pari levatura che la forma espressiva tipica della Poesia sia la Scrittura in Versi. Che cioè il senso della Scrittura Verticale trovi la sua ragione nel concetto di Verso. Non quindi la frase poetica qualunque, magari con sonorità del tutto errate e degli “a capo” del tutto casuali ma frasi che per potersi chiamare Versi abbiano lunghezze sillabiche prestabilite con accentuazioni corrette conseguenti.

Osservo a margine, che se si introduce un discorso che riguardi la Metrica, spesso la maggior parte degli autori di Poesia assume un atteggiamento di rifiuto come si fa verso regole passatiste troppo restrittive che minacciano di limitare la creatività e la libera espressione.

Nella mia attività di giurato in tanti Concorsi Letterari, in tutte le conversazioni sulla poesia, nelle lezioni che ho potuto tenere all’UTE, Università della Terza Età del Lions Club di Milano, ho sostenuto l’erroneità di un pregiudizio che è d’obbligo superare. In tanti casi ho potuto esemplificare la persistenza virtuosa di regole metriche anche all’interno della più recente poesia. 

Vorrei sottolineare ancora, per inciso, che verso libero non significa affatto libertà, emancipazione dalla metrica. Sdoganare la nostra civiltà letteraria in nome di una modernità, spesso retrograda, è l’errore più grave che un poeta possa compiere. Si osserva ancora che il rispetto delle regole non deve far pensare che la Poesia debba essere conformista. La Poesia è sempre eversiva quantomeno rispetto alla banalità. Lo testimoniano in ogni verso i massimi autori.

Protagonista di tanta poesia attuale è come sempre l’endecasillabo. Questo verso ha meritato la trattazione dotta di tanti esperti. E’ il verso più importante di tutta la Poesia occidentale ed è il primo dei versi compositi. Versi lunghi come il decasillabo e il novenario sono ancora versi semplici. Il novenario con accenti obbligati alla 2°, 5° e 8° sillaba e il decasillabo con accenti obbligati alla 3°, 6° e 9° sillaba Questi due versi, avendo una accentuazione univoca determinano molto facilmente una cantilena, a differenza dell’endecasillabo che per avere differenti possibilità accentuative può superare questa difficoltà.

Vorrei concludere con alcune considerazioni personali.

Il mio è il parere non certo di un critico dotato delle necessarie competenze ma semplicemente di chi è impegnato come autore di testi più o meno poetici. Per l’autore che sono, la Poesia e la Metrica non sono in opposizione, come  invece hanno sostenuto nel tempo anche autorevoli correnti letterarie. Non c’è contraddizione tra Poesia e Metrica e questo mio parere sarebbe senza alcun significato se non fosse anche l’opinione di Ungaretti, di Quasimodo, di Montale, di Penna, di Saba, di Bertolucci.

La Poesia moderna, rifugge dalla rima e preferisce l’assonanza, ama l’allitterazione e al caso privilegia la rima interna. Non esige l’isosillabismo ma preferisce l’alternarsi casuale di differenti lunghezze versali, in accordo con i significati da esprimere. I Poeti che sono stati prima citati sanno distinguere tra la frase poetica qualunque e il Verso e per loro ritengo sia indiscutibile l’affermazione che la Poesia è la forma letteraria che si esprime solo e soltanto in Versi. Verso come frase poetica particolare che cioè a fronte di una certa misura sillabica possiede accentuazioni prestabilite.

Concludo davvero dicendo che risolvere la Poesia personale con versi non corretti metricamente e dal punto di vista accentuativo è scivolare gradualmente nelle cadenze della Prosa e non salverà il poeta la risorsa dell’andare a capo che finisce solo col simulare la Poesia. La scelta stilistica del verso non corretto non è naturalmente un delitto, possiamo dire che il 95% della poesia che leggiamo nei Concorsi Letterari e anche di tanta Poesia Importante è di questo tipo. Nessuno può o vuole condannare la Poesia Prosastica, questa scelta può essere a volte da privilegiare quando si voglia esaltare la discorsività, il tono dimesso e colloquiale. Talvolta la profondità e il fascino dei Significati espressi prevale sulla perfezione del Significante. Si finisce quindi con legittimare testi poetici che non sempre si possono definire Poesia Vera. 

La Prosa è delegata, nella cultura corrente, a trasmettere prevalentemente Significati Semantici. La Poesia deve trasmettere, oltre ai Significati Semantici delle parole scelte, anche Significati Allusivi, Citazionali, Retorici, Immaginativi e Sonori. La Poesia Vera, potrebbe venire per gradi,  in tempi successivi, con la limatura e il lavorio di perfezionamento che porti alle sonorità più gradevoli e ai ritmi più efficaci.

Mi pare opportuno quindi considerare tanta poesia formalmente imperfetta come Metapoesia, come poesia passibile di miglioramento, come ipotesi di lavoro. Anche la Spontaneità esibita come vanto di tanti testi poetici  prodotti di getto, senza successivi controlli formali, merita un cenno. La vera grande spontaneità della migliore poesia, (e sto pensando all’Infinito di Leopardi) è in realtà il frutto di un lungo lavoro di perfezionamento e di correzione.

Chiudo con un Ossimoro:

La Spontaneità e il valore di una Poesia si costruiscono col lavoro sulla parola.

ROMA, 15 aprile 2019 

Rodolfo Vettorello

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