L’Isola a strapiombo sul Sahara

DAL PICO DE LAS NIEVES, LA MONTAGNA PIU’ ALTA DELL’ARCIPELAGO DOPO IL VULCANO DI TENERIFE ALLE SUE DUNE SABBIOSE LAMBITE DALL’ATLANTICO. TRA LORO SI SVELANO I MILLE VOLTI E PAESAGGI DELL’ISOLA DI GRAN CANARIA.

Una delle tre isole maggiori dell’arcipelago canario è Gran Canaria, anche sede di una parte del governo autonomo (l’altra è Tenerife). Ciò che più è conosciuto di quest’isola sono le dune: un pezzo di vero deserto del Sahara di circa venticinque chilometri quadrati lambito dalle onde dell’Atlantico, che formano una spiaggia lunga oltre cinque chilometri nell’estremo Sud dell’isola. Le temperature vanno da un minimo di 20 gradi nei mesi più freddi a oltre i 30 estivi, e vi si può fare il bagno tutto l’anno.

La distesa sabbiosa è anche la più grande zona nudista ufficiale di tutto l’arcipelago, dove, allontanandosi dalla battigia, può anche capitare di imbattersi in qualche incontro intimo, che in tempi non-covid veniva ignorato dalle pattuglie di polizia e guardie forestali che controllano questa meraviglia di madre natura.

Tutta la distesa di dune è zona protetta: a parte il centinaio di metri verso il mare, ci sono sentieri segnati con paletti per poterla attraversare senza danneggiarne il delicato ecosistema, ed esiste anche la possibilità di farvi gite regolari a dorso di cammel- lo. In tempi normali questo pezzo di deserto sull’Oceano era molto frequentato dai turisti, ma ormai da un anno, a causa della pandemia (anche se qui è minima), si può percorrere quasi in solitario, ammirando come la forza del vento cambi le forme delle dune da un giorno all’altro. Il novembre scorso una nota casa di moda ci ha anche girato un video per presentare la sua collezione estiva 2021, forse proprio perché poteva finalmente disporre di questa distesa di sabbia tutta per sé.

La formazione di questo pezzo di deserto in mezzo al mare è piuttosto recente e tutt’ora oggetto di studio: prima del 1700 le dune non c’erano, come documentato dalle cartografie e documenti di naturalisti che hanno messo piede sull’isola nel XVII e XVIII secolo.

Da un sondaggio geologico condotto nel 2008 risulta che gli elementi sedimentologici analizzati mostrano un’improvvisa interruzione nella linea del tempo che potrebbe essere spiegata solo se il campo di dune si fosse formato tra il 1720 e il 1870. Ignacio Alonso Bilbao, dottore in scienze marine presso l’Università di Las Palmas de Gran Canaria afferma che l’unica cosa chiara è che la formazione delle dune di Maspalomas è stata molto veloce e molto recente.

Gli studiosi hanno fatto due ipotesi: la prima e la più accreditata è che le dune siano il residuo di una grande massa sabbiosa portata dallo tzunami che probabilmente arrivò sino alle coste canarie, conseguente al terremoto che avvenne nel 1755 di fronte alla città di Lisbona. La seconda che sia sabbia portata dalle correnti marine e dal vento che regolarmente soffia dal Sahara, la Calima, che quando è forte porta minuscole particelle di sabbia e detriti che formano una nebbia così intensa che persino gli aerei non possono volare. Sabbia e venti fermati alle spalle delle dune dalle impervie montagne del centro isola.

Proprio quelle montagne che mi attraggono ogni volta che le guardo dalla spiaggia… e visto che stare a prendere il sole per ore non rientra nella mia natura mi sono già spinto a scoprirne qualcuna. È la festa del papà e decido con un paio di amici di tornare al Pico de las Nieves, la montagna più alta dell’isola e la seconda di tutto l’arcipelago, dopo il vulcano di Tenerife: 1949 metri sopra l’Oceano. Lo scorso gennaio ci ha pure nevicato, c’erano 3-4 gradi, ma qui la neve non resiste a lungo.

Dopo un breve tratto di autovia (autostrada) costiera svoltiamo sulla statale GC 120, piuttosto stretta come tutte le strade interne dell’isola, e iniziamo la salita tra curve, tornanti, case sempre più rade e ogni tanto qualche bella finca (fattoria) adagiata sui pendii sempre più scoscesi. Inizia la vegetazione montana, ricca di pini, e prima del Pico è d’obbligo una breve sopra la Caldera de los Marteles, un grande cratere nato da una potente eruzione vulcanica a contatto con acque sotterranee, oggi ricoperto da un delicato verde dopo le inusuali piogge di quest’inverno. Siamo a circa 1500 metri di altitudine e dall’altra parte del cratere, in questa splendida giornata di primavera, la vista può spaziare libera sino alla costa Nord e alla capitale Las Palmas.

Ancora cinquecento metri di salita e siamo al Mirador del Pico. Un ampio spazio dotato di chiosco con bevande e panini, ma soprattutto, oggi, dotato di una visuale mozzafiato sul monolito del Roque Nublo, gli altri picchi degradanti verso il mare, e appena sopra le tenui nuvole il contorno dell’isola di Tenerife, a circa cento chilometri di oceano ad Ovest, con El Teide, il suo vulcano di 3715 metri, che è anche la montagna più alta di tutta la Spagna. Concordiamo che il Roque Nublo, situato nel centro geografico dell’isola e antico luogo di culto della popolazione autoctona, dovrà per forza essere meta di una prossima escursio- ne. A piedi, perché non ci sono strade per arrivarci.

Dal Pico decidiamo di ridiscendere verso un’altra paellata a La Aldea percorrendo una strada nuova per noi, che da Cruz de Tejeda passa attraverso Artenara. Qui ogni strada può essere una sorpresa di paesaggio o di fondo stradale… e questa CG 210 si fa sempre più stretta nelle curve fra le rocce. E proprio lì, dove meno te lo aspetti, guardi fuori dal finestrino mentre vai a 20 all’ora e sulla parete a picco a lato dell’auto vedi… una casa! Vera e propria, in regolare muratura, non sulla roccia, nella roccia, proprio dentro la parete della montagna! Un’abitazione dotata di linea elettrica e probabilmente anche di internet, probabilmente costruita in una delle tante grotte naturali… e non è l’unica.

Un poco più verso valle arriviamo al pittoresco lago artificiale Presa de la Candelaria, e anch’esso pare incastonato nella montagna. Viene voglia di tuffarsi in quell’acqua cristallina, chissà se ci sono anche i pesci, ma tutto è chiuso dai cancelli di sicurezza della diga. Infine, sbuchiamo nella ormai familiare valle de La Aldea per la meritata sosta dopo circa quattro ore di auto, anche se abbiamo percorso meno di cento chilometri.

La mattina dopo, ancora con la memoria della bella gita, decidiamo di tornare verso una montagna, questa volta più vicina, appena dietro Maspalomas.

Ci eravamo stati la settimana precedente mentre cercavamo di arrivare al Parque Natural de Pilancones, purtroppo inaccessibile con la mia auto, che non è un vero fuoristrada.

Così avevamo ripiegato sui nostri passi e lo avevamo circondato, imboccando la strada regolarmente contrassegna- ta come diramazione della 604, e trovandoci di punto in bianco in mezzo a un infinito costone roccioso sovrastante la nostra piccola auto appoggiata sullo stretto sentiero sterrato scavato nelle rocce.

Quel giorno ci eravamo passati senza fermarsi, con lenta cautela, in religioso silenzio, con brividini sulla schiena… noi e l’auto così piccolini sotto al costone… e finalmente sbucati nella valle della diga di Chira una famiglia di canari aveva fatto delle facce stupite quando gli avevamo detto che eravamo arrivati dalla montagna, non dal basso. Così oggi ci torniamo, lasciando però stavolta l’auto nell’ultima piazzola sterrata agibile e proseguendo a piedi, più rilassante…

Devo esaudire il desiderio di fotografare questo costone che mi era rimasto dentro: sei letteralmente in mezzo a una colata di lava, un paio di centinaio di metri di nera roccia a picco sopra la tua testa: una memoria che merita di venire registrata non solo dai miei neuroni! Missione compiuta! Dopo la bella e stavolta psicologicamente rilassante passeggiata, una cena con gli antichi sapori di casa nostra di un tempo ci sta proprio: una tagliatella al ragù (non spaghetti come nei locali non autentici scrivono) dai nostri amici del ristorante “La Bolognese” di Maspalomas… ci abitiamo a fianco, è una tentazione alla quale a volte non possiamo resistere…

Contact to Listing Owner

Captcha Code