Da alcuni anni, presso il reparto ricerca oncologica dell’ospedale Bellaria di Bologna, vengono effettuati studi, diretti dal dott. Daniele Gullà sulla presenza dei biofotoni emanati dal corpo delle persone.
Anche grazie ad apparecchiature speciali fornite dalla NASA, si è potuto fotografare l’energia che gravita attorno a noi, profusa dal nostro corpo (immagini in sequenza). Parliamo di quella che comunemente chiamiamo aura, ovvero il campo energetico luminoso attorno a noi. Parlo di energia, dunque, che esce dal corpo.
Secondo le osservazioni che fanno riferimento alla fisica quantistica si tratta di vera energia e non di temperatura corporea, cioè calore.
I risultati della ricerca, e non solo quelli, sono sorprendenti. Gli studi condotti dimostrano che il nostro corpo emette biofotoni, ovvero onde elettromagnetiche biologiche che generano attorno a noi un vero e proprio “campo” quantico energetico che si incontra, intersecandosi intensamente, con quello degli altri.
Interessante è che il nostro “campo” condiziona quello degli altri e ne viene influenzato. Quando una persona esprime negatività, ad esempio, questa arriva anche alle persone che le sono vicine. Lo stato d’animo si comunica non solo a livello verbale, ma anche attraverso la luce che il corpo emette, la sua energia.
Si è visto che se siamo felici la luce che emaniamo è chiara, con colori accesi. Ma se siamo tristi, la luce è spenta, grigia. Trasmettiamo quindi agli altri emozioni anche senza comunicarle verbalmente.
Quindi noi come gli altri risentiamo dell’umore delle persone che ci circondano. A volte il sorriso è contagioso, ma lo è anche il pianto.
Quando entriamo in risonanza con persone negative si viene a creare un “campo unico” negativo, e viceversa se siamo in sintonia. Non ci meravigliamo se il contatto con persone per noi affettivamente importanti ci condiziona e ci fa sentire tristi o felici (o anche indifferenti). Tutto avviene perché siamo connessi “energeticamente” con loro. Pertanto, anche se doloroso, quando abbiamo vicino persone negative dobbiamo evitare di diventare negativi anche noi.
E l’unico modo, sovente, è evitare il contatto, la frequentazione. Evitare, non necessariamente significa estromettere ad libitum per sempre gli altri.
Se poi la negatività, invece che essere transitoria è intrinseca nella persona – quindi perenne – allora la migliore soluzione è mettere confini, distanze. Se necessario, anche separarsi. Ovviamente è opportuno dosare le proprie paure.
A volte ci sono ragioni oggettive che fan sì che una persona ci comunichi sofferenza o negatività. Se nostra madre, ad esempio, piuttosto che nostro figlio sta male, non per questo dobbiamo allontanarli, ma dobbiamo mettere assieme una buona dose di pazienza e portare sostegno all’altro.
La relazione d’aiuto, sorreggere ed aiutare gli altri, è importante anche se può risultare dolorosa. Al contrario, se a parità di condizione umana una persona continua a condizionare la nostra vita senza che il nostro sostegno aiuti a modificare il suo atteggiamento mentale in positivo, allora guardare a prospettive migliori è doveroso.
Tuttavia si può amare anche nella sofferenza, ma in alcuni casi occorre aprire le porte della mente e del cuore anche alle esperienze che fanno respirare il bello della vita, guardando oltre. E’ anche vero, in ultimo, che se non possiamo sottrarci alla negatività, possiamo essere noi a chiedere aiuto.
Ci sono ottimi professionisti che ci possono dare conforto e sostenerci.
Dr. Michele Guandalini