“L’apparire di un filo d’erba ed il morire di un filo d’erba, o il nascere di un fiore e l’appassire di un fiore, raccontano che, quello che l’uomo chiama dolore, perdita e morte, necessariamente avviene con naturalezza al di là della barriera della sua mente. La scomparsa di una persona cara, parla di quella che è la profonda legge della vita.
Se veramente l’uomo osservasse quel fiore che nasce e che muore, quell’albero che cresce e poi si disfà, comincerebbe a notare la somiglianza tra la propria esistenza e quella di tutti gli esseri…comincerebbe a notare che esiste qualcosa che lo lega, nonostante il suo dolore, a tutti gli esseri che hanno la stessa caratteristica di essere effimeri quanto lui…comincerebbe a comprendere che lo spazio di un inspiro e di un espiro nel modo, corrisponde spesso alla frantumazione di tanti esseri che sostanzialmente nascono e muoiono, nascono e muoiono”
Da “Scintille di vita”.
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Durante un Convegno delle Edizioni Mediterranee, molti anni fa, ero riuscito a coinvolgere tre monaci tibetani per realizzare un magnifico Mandala nell’arco dei tre giorni previsti per quella manifestazione. Incredibile il loro lavoro minuzioso, quanto straordinaria l’attenzione che prestavano depositando, con mano ferma, infinitesimi granelli di sabbia lungo contorni, appena tracciati a matita, di un disegno perfetto.
Alla fine del terzo giorno, uno di loro, seguendo un rituale buddista molto antico, con sorpresa generale da parte degli astanti che avevano assiduamente seguito la creazione di quello stupendo Mandala, ha completamente distrutto quell’opera straordinaria ed assolutamente perfetta. La sabbia multicolore, perdendo l’identità della parte del disegno cui apparteneva, ormai diventata di un colore unico ed indefinito, è stata accuratamente raccolta in una campana tibetana e poi sparsa in mare. Tutto questo è stata la rappresentazione vivente del concetto di impermanenza nel mondo terreno e della necessità di non avere attaccamenti. In quei momenti ho pensato che ogni piccolo granello di sabbia, aggregato per singolo colore secondo un disegno prestabilito, rappresentasse un essere umano che avrebbe dovuto rassegnarsi ad esistere solo per un tempo determinato, per ritornare ad essere sabbia del mare.
Purtroppo noi siamo molto distanti, a causa dei condizionamenti che riceviamo fin da bambini da parte di genitori, insegnanti e religione, oltre che per la nostra innata tendenza a cercare sicurezze, dal concetto di nascere per morire e quindi di essere a termine.
Della morte si tende a non parlare, quasi non esista ed in ogni caso si tratta sempre di qualcosa che non ci riguarda direttamente; dovremmo al contrario pensare che, anche se non ce ne vogliamo rendere conto, moriamo ad ogni istante che ci porta inesorabilmente verso quella meta che la nostra anima ha prefissato per il nostro cammino. Dovremmo pensare alla morte come ad un’apoteosi del nostro vivere ed al momento più importante e significativo della nostra vita che, semplicemente, cambierà di frequenza e dimensione. Dovremmo comprendere che quando qualcosa muore, qualcosa d’altro sta nascendo secondo quanto recita il mistero della vita eterna. Tutto quello che finisce rappresenta sempre il nuovo inizio di qualcosa d’altro; “nulla è perduto, nulla finisce e tutto è per sempre, si evolve e ritorna”
Ancora da “Scintille di vita”:
“Il silenzio è l’opposto di tutto ciò che rappresenta l’attitudine generale degli esseri umani e cioè quella di fuggire il silenzio. In questo momento stai ascoltando la mia voce, ma contemporaneamente il canto degli uccelli e di tutto ciò che viene espresso dalla natura: questo è il silenzio, anche se potrebbe non sembrarlo! Silenzio, quindi, non significa stare zitti, ma manifestarsi in totale connessione non solo con il Divino, ma anche con se stessi. Il permanente è rumore, mentre l’impermanente è silenzio. Quando un essere umano compie un’azione deve essere consapevole di compierla in quel preciso momento in cui la stessa viene creata e che quel momento, prima o poi, avrà un termine. Se l’uomo comprende l’impermanenza, scopre che la vita gli porta tutto ciò che deve perdere ed anche quello che deve trovare: l’una e l’altra cosa. L’uomo tende a catalogare tutto in termini temporali: prima si nasce poi si muore.. prima si fiorisce e poi si decade: non ha compreso che invece, nel concetto di impermanenza, nascita e morte sono racchiusi nello stesso fatto, nel momento in cui arriva e si presenta”.
Claudio Maneri