Da bambina avevo paura di morire e nessuno sapeva come consolarmi, era semplicemente una paura scomoda a cui si rispondeva con la frase “non pensarci” che peraltro non tranquillizzava per niente!!
Era veramente strano che, intorno ai 4/5 anni, potessi essere sensibile al tema della morte, ma era esattamente così e non sapevo come proteggermi, avvertivo la precarietà dell’esistenza, avvertivo la MIA precarietà.
La notte vivevo degli incubi orrendi che mi svegliavano in lacrime, nel sogno venivo inseguita, catturata e forse uccisa.
Sognavo la guerra, anche se sono nata circa 20 anni dopo la fine del 2° conflitto mondiale.
Molti dei miei incubi erano caratterizzati da ospedali e siringhe, che vedevo enormi e minacciose e, dal terrore per il camice bianco.
Non importava se fossero medici, fotografi o frati domenicani (purtroppo mi terrorizzavano anche loro ed avevamo in famiglia uno zio, frate domenicano appunto, che non potevo assolutamente lasciare avvicinare).
Nell’archivio di famiglia c’è una foto che testimonia questa mia paura gia al 1° compleannno quando, per immortalare i festeggiamenti entrò un fotografo chiamato da mia madre (in quegli anni non tutti possedevano una macchina fotografica) il quale indossava ahimè il camice bianco!!!!
Ci volle tempo e pazienza per calmare le mie urla di terrore e per staccarmi dalle braccia di mia madre al fine di riuscire a soffiare sulla candelina!
Col tempo i fenomeni si acuirono e si aggiunsero agli incubi notturni forti attacchi d’ansia anche durante il giorno; tutto ciò indusse mia madre a portarmi dal medico il quale intravide nella paura di morire la paura dell’abbandono e, a 9 anni, uscii dall’ambulatorio con una impegnativa per uno sciroppo dolce e leggermente sedativo che per un po’ tenne le cose sotto controllo.
L’anno dopo nacque mio fratello e, fra i vari pensieri ottimisti che feci ci fu: “chissà se avrà la fortuna di crescere o se verrà prima una guerra che ci ucciderà tutti!”
Pareva che i miei pensieri provenissero da un serbatoio che conteneva informazioni molto più antiche della mia età anagrafica.
Poi gli anni passarono ed arrivai nell’età dell’adolescenza quando la spinta alla vita ha la sua massima espressione e ciò contribuì a relegare la paura a latere nella mia mente.
In quegli anni cominciai a praticare yoga, a familiarizzare con il rilassamento e la meditazione ma, ogni tanto, mi scoprivo a chiedermi che senso avesse avuto quel periodo così particolare della mia vita fino a quando, la vita stessa, un giorno mi risponse.
Accadde durante una meditazione in cui raggiunsi un profondo stato di rilassamento, ebbi una visione molto chiara di me bambina, in un altro tempo, con altri abiti mentre assistevo a pratiche mediche ad esperimenti di eugenetica in un ospedale di una qualche città.
La rispettabilità dei medici che si ritenevano dei benefattori, rendeva ancora più paradossale l’assistenza riluttante e terrorizzata di una fanciulla che si chiedeva se fosse li per privilegio o per malvagità, costretta a partecipare alla sperimentazione umana per la selezione della razza.
Nella mia visione, io aiutavo in qualche modo medici e infermieri (ovviamente vestiti di bianco!!!) negli anni della 2° guerra mondiale, a compiere esperimenti sulle persone.
Completamente anestetizzata emotivamente durante la meditazione, mi osservavo assistere a quelle torture, avvertivo l’orrore delle vittime così come il gelido disinteresse dei medici alle grida e agli sguardi di terrore.
Più tardi mi veniva mostrata anche la mia morte, nello shock di una città che crolla per mano di una società allo sbando.
Quando tutto finì, al termine della visione, le lacrime mi rigavano il volto e una profonda sensazione di pace mi fece sentire come in convalescenza, ovvero stanca ma al sicuro!
Finalmente il cerchio si era chiuso ed io avevo capito!!
Non so dire quanto sia stato veramente “reale” ciò che vidi quel giorno, interessante fu che si ripercosse positivamente sulla mia vita e sulla mia salute permettendomi di superare la sensazione di essere un ostaggio perenne della paura.
Fare luce nella stanza buia del mio passato remoto permise alle ombre di dissolversi, mostrando finalmente un paesaggio diverso, più congruo al tempo della mia vita odierna.
Potevo finalmente andare avanti con un bagaglio più leggero e questo avrebbe semplificato di molto le cose perché, come diceva Gesù “….a ciascun giorno basta la sua pena”.