“Lo strumento basilare per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se controlli il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole.”
PHILIP.K. DICK
Non si può non influenzare quando si comunica. E già sociologi, filosofi e linguisti degni di nota come Manheim, Adorno, Horkheimer, Riesman e Packard si sono occupati nel tempo di questa influenza in ambito di comunicazione mediatica e politica. Il giornalista Lippmann studiò l’uso della propaganda nei regimi autoritari e democratici e giunse alla conclusione che, data la complessità del mondo, l’uomo è costretto a rappresentare il suo ambiente con modelli semplificati (le famose mappe che diventano territorio) denominati pseudo-ambienti virtuali in cui è possibile vivere una vita fatta di rappresentazioni. Il linguista Lakoff specificò ulteriormente come lo pseudo-ambiente non sia costituito da contenuti ma da codici, simboli, metafore, capaci di creare un forte contesto emotivo.
Cariche di emotività sono le nominalizzazioni.
Parole come “comunicazione” (atto del comunicare), “manipolazione” (atto del manipolare), queste sono dette nominalizzazioni, cioè le trasformazioni in nome di un elemento linguistico, in questo caso il verbo. Si assiste ad un atto di deformazione e cancellazione in cui l’intero processo della struttura profonda, cioè la somma complessiva di tutte le esperienze fatte, si riduce ad essere rappresentata da un’unica parola, che diventa struttura superficiale. Il mio intendere la comunicazione (atto di comunicare) non potrà mai essere uguale al modo di un’altra persona, perché entrambe le parole (nonostante siano le stesse) sottostanno ad esperienze completamente diverse.
Quindi le nominalizzazioni sono parole dense di significato, che catturano l’attenzione perche’ a livello inconscio evocano un sentimento legato alle memorie più recondite. Ma ricordate, si tratta di un mero rispecchiamento verbale e non di convinzioni o significati profondi condivisi. Cosa fare quindi per restituire il significato originario all’atto del manipolare (che è proprio quello di mettere le mani come fa un artigiano con l’argilla e dà nuova forma)? Quando ci si accorge che la parola che ci viene posta innanzi non può essere messa in una carriola, sarebbe opportuno interpretare la nominalizzazione che viene dall’esterno escludendo la nostra esperienza del mondo, per darci tutto il tempo per specificarla ed improntare le nostre relazioni in un’ottica WIN WIN (io vinco tu vinci) piuttosto che WIN-LOSE e rivestire il ruolo della parte lesa. E’ bene non perire per mancanza di conoscenza ……..