Quando la fotografia diventa Arte

Immagini dal mondo: scene dal Pakistan, dal Marocco, da Cuba, dal Brasile, dal Messico, dalla Cambogia, dall’Etiopia.

Momenti di vita che diventano immortali, memorie di un viaggio iniziato circa venticinque anni fa.

Immagini che sono il frutto di un grande talento e una grande sensibilità. Ricchezza, meraviglia in grado di spalancare le porte dell’interiorità.

Fotografie di un uomo del nostro tempo:  Adriano Gamberini, un artista della fotografia che ha qualcosa in più da dire rispetto ai Salgado, ai Mc Curry di oggi, ai Cartier Bresson di ieri.

C’è nel suo modo di fotografare una leggerezza, una rara capacità di penetrare nella dimensione dell’altro, di entrare in empatia con la realtà che incontra con una raffinata potenza.

Dal suo fare scaturiscono immagini “rubate”, senza posa, sguardi che interrogano, desideri celati.

Adriano fotografa senza preparare luci e tanto meno il set, lavora senza effetti speciali, senza ritocchi successivi: solo la sua camera e la sua voglia d raccontare, di essere partecipe della vicenda umana.

La sua è innata capacità di cantare la bellezza del mondo, nonostante tutto, nonostante la vita sia, troppo spesso, “una cima ferita” che non mette i suoi figli nelle condizioni migliori.

E’ la voglia di dare un senso all’esistente, è fame di vita, è una esaltazione del sentimento della vita, è il desiderio di raccogliere il battito di un cuore, quello della natura cui appartengono gli uomini e le cose tutte nel tentativo di unire grandezza, fragilità umana. E bellezza.

Il suo lavoro è frutto di quella forza interiore che lo spinge ad attraversare orizzonti del mondo e orizzonti della mente. E’ l’espressione di un artista di successo che ha ottenuto importanti riconoscimenti, amato e celebrato da uno come Dario Fo, tra i primi a cogliere la meraviglia delle sue fotografie. E scoprirle come opere d’arte.

Adriano non cerca, trova i soggetti da fotografare, li incontra strada facendo, semmai è il desiderio incessante di trovare qualcosa negli occhi di un altro e talora inizia un dialogo con i soggetti che fotografa molto spesso fatto di sguardi, di taciti consensi.

Adriano ha fotografato luoghi e persone in India, in Ecuador, in Algeria, in Sudan, nell’isola di Madagascar, in Colombia, in Israele, nello Yemen e ogni volta ha raccontato mondi, culture come specchio della identità di popoli diversi, come pochi saprebbero fare.

Le sue fotografie per raccontare universi umani, racconto di un uomo che scopre ogni volta “l’eterna novità del mondo”, di chi è andato “nelle città e nelle pozzanghere, spiagge e deserti, montagne e pianure”.

Per attraversare, forse, anche se stesso. Gamberini fotografa donne, bambini, uomini, fotografa volti e luoghi, ma soprattutto l’umano che sa cogliere come pochi saprebbero fare per una fotografia che è, prima di tutto, costruzione mentale.

La testa ricoperta da un tessuto che ha il colore intenso di un mare che cambia nell’immagine intensa di un gruppo di bambine allineate, accovacciate in una scuola del Pakistan. I loro sguardi paiono domande e l’immagine è toccante.

Lo sguardo è il filo conduttore di molti scatti, quello amorevole di una madre indiana e il suo bambino sotto un ombrello, quello intimidito di un giovanissimo davanti ad un rabbino che tiene in mano un libro, forse della Torah.

E’ lo sguardo penetrante degli occhi bellissimi di una giovane etiope che Amnesty International sceglierà  per la tessera associativa del 2014. E’ lo sguardo che trafigge di una donna completamente ricoperta dal niqab, liberi solo gli occhi.

E’ la semplicità del quotidiano a catturare la mia attenzione, è la ricerca della spiritualità a guidarmi, sono gli sguardi muti delle persone, sguardi che parlano più delle parole. Poi mi lascio stordire dai colori e rapire dal mistero delle ombre, dal bagliore delle luci”.

E ci sono le fotografie dei paesaggi, poesia e geometrie che raccontano di un ordine, di una armonia sorprendente della natura. La sabbia del deserto libico ci fa entrare in una dimensione metafisica il taglio che Adriano sceglie ci trasferisce nella dimensione di mondi altri.

Fotografie oltre il vedere, per cercare il significato delle cose, celebrazione di una istante e della sua eternità. Quando fotografare alla maniera di Gamberini significa pensare con gli occhi.

Significa saper raccontare la vita, la storia e le storie dell’umano sempre nella dimensione dell’armonia e della bellezza per offrirci, ogni volta, qualcosa che altri non vedono: fotografie di un uomo partecipe della vicenda umana, immagini in cui la mente, il cuore sono sulla stessa linea. E a guidare il pensiero sono gli occhi di uno come Adriano Gamberini sempre in cammino con la sua camera in spalla, per immortalare, forse, anche l’Anima del mondo, l’anima misteriosa dell’Universo.

Le sue opere potrebbero essere definite come l’espressione estetica dell’interiorità umana. Forse questo è lo scopo ultimo dell’artista stesso. I suoi personaggi sono quelli di una commedia umana, nel senso più nobile del termine, in cui Adriano sa cogliere l’attimo, quello di una bellezza anche nascosta che ci restituisce l’eternità di un gesto, di uno sguardo, un sorriso appena accennato, una postura, un colore, una forma. E tutto poggia sul credere nell’uomo, sull’armonia dell’esistente.

Per Adriano Gamberini fotografare è un aspetto imprescindibile della esperienza umana, manifestazione di quel “sublime che ci lacrima dentro”, perché di questo anche siamo fatti. Il suo è un “viaggio dentro il profondo delle cose e ritorno, è l’espressione di un artista che ha dentro di sé tutti i sogni del mondo, di un uomo che ha viaggiato per più terre di quelle che ha toccato, ha visto più paesaggi di quelli su cui ha posato gli occhi”.

Il testo è stato pubblicato nel catalogo Edizioni Plan 2019 per la mostra “I COLORI DELLA VITA” , promossa dalla Delegazione Pontificia Santuario Santa Casa di Loreto e da Regione Marche 

Contact to Listing Owner

Captcha Code