Andare a Gradara nel borgo felice radicato sulla collina e scoprire che il suo fascino non è solo quello della celebre storia cantata dal sommo poeta. C’è del nuovo a Gradara.
Gradara. Il MARV, museo d’arte che ha appena ritrovato il suo splendore e per l’occasione celebra Raffaello Schiaminossi, straordinario incisore, acquafortista nato a San Sepolcro nel 1572, con un evento inaugurato alla presenza del sindaco di Gradara e del direttore della Galleria nazionale delle Marche.
Promosso dal Comune di Gradara e da Gradara Innova con la regia di Luca Baroni, giovane e capace studioso dell’arte, curatore anche della retrospettiva che dalla città natale di Schiaminossi oggi si trasferisce, ancora più ricca, a Gradara.
C’è, in nuce, il progetto di creare un polo per l’arte dell’incisione nel settecentesco palazzo che era stato residenza municipale, ufficio postale, ludoteca. La volontà di promuovere una identità artistica che porta con sé il respiro del passato, nell’ottica di confermare la
vitalità di una forma d’arte come valenza e conquista di un linguaggio da non relegare alla categoria di arte minore.
Sono 150 le opere del percorso espositivo che, insieme a quelli di Schiaminossi, ci permette di godere dei lavori di artisti che a lui si sono ispirati e delle opere di alcuni maestri cui il Nostro ha guardato come Durer e l’urbinate Federico Barocci.
A conferma, la mostra presenta una superlativa copia della figura del Cristo, porzione del “Perdono di Assisi” dello stesso Barocci.
E subito ci accorgiamo della forza delle stampe raccolte per la maggior parte dal collezionista Valbonetti, della sapienza con cui Schiaminossi ha gestito il tratto generatore di linee dinamiche e alimentato chiaroscuri che conferiscono plasticità e realismo alle figure.
Autore colto, eclettico, osservatore raffinato, Schiaminossi ha saputo elevare il carattere dell’acquaforte anche superando le dimensioni consentite dalle possibilità tecniche incisorie, come ci dimostra una testa di San Pietro a grandezza naturale che da lontano pare un dipinto.
A testimoniare l’artista come anticipatore delle moderne illustrazioni troviamo gli “Schermidori “, 33 stampe che illustrano le tecniche della scherma storica. Documenti eccezionali, ancora oggi in uso per la conoscenza di questa disciplina, che restituiscono i particolari della gestualità con raffinatezza e precisione come fossero fotografie.
Nel 1610 la pubblicazione delle tavole sull’arte della scherma nel trattato dello schermidore Ridolfo Capoferro da Cagli con la dedica al figlio del Duca di Urbino Ubaldo della Rovere che all’ epoca aveva 4 anni.
Quello che abbiamo proposto è solo l’introduzione ad una mostra che si sviluppa su diverse aree tematiche anche con la narrazione di grandi vedute di città e di fogli con soggetti religiosi del periodo giovanile. La fascinazione di una mostra come misura di una progettualità che apre al futuro verso un obiettivo prestigioso e anche coraggioso.
Quando nella società della spettacolarizzazione, del trionfo dell’effimero, della bulimia comunicativa in cui l’arte si veste di provocazioni e sensazionalismi, l’incisione si configura come espressione basata sulla lentezza, sulla capacità tecnica che non ammette errori. E lo scavo di una lastra, l’inchiostratura, il tempo della morsura, l’azione del torchio, l’incognita e il prodigio della stampa divengono la metafora del cammino esistenziale.
Fino al 21 maggio 2023