Urbino Galleria Albani: il trionfo del disegno nella patria di Raffaello, disegnatore per eccellenza.
Una mostra nell’ambito del Premio Marche 2022, la rassegna diretta Stefano Tonti con Gualtiero De Santi, Federica Facchini, Arianna Trifogli.
70 artisti marchigiani che al disegno hanno affidato il carattere della loro poetica, ed era il 1500 quando Giorgio Vasari considerava il disegno come espressione e dichiarazione del concetto che si ha nell’animo.
Schizzi, bozzetti e progetti che dal pensiero muovono verso una espressione tangibile, indagine attraverso cui fissare un’idea, dare corpo all’immagine mentale.
Disegno come matrice e fondamento dell’arte nella molteplicità dei suoi linguaggi, come imprescindibile esigenza umana: il disegno dei bambini come universale forma di comunicazione che precede la parola.
Prima lo scarabocchio, poi il disegno rivelatore di interiorità, intento rappresentativo e quelle forme circolari evocatrici di un mondo creato con l’intenzione della bellezza. La matita come prolungamento della mano e quel bisogno di lasciare traccia di sé che affonda le radici nelle grotte di Altamira.
Fra gli artisti in mostra che hanno continuato a pensare su carta, a disegnare dopo la fine dell’infanzia incontriamo alcuni personaggi
che hanno segnato il passo della Scuola del Libro di Urbino, ci lasciamo catturare da “Campagna in estate verso la sera”, una matita su carta e la carezza di un paesaggio che ha il respiro di un sogno, di Francesco Carnevali (Pesaro 1892 Urbino 1987).
Raffinato osservatore delle variazioni di gusto, maestro colto animato da un istinto connaturato per l’illustrazione, con lui sono nate sublimi edizioni caratterizzate da eleganza creativa, cura dell’ impaginazione, della legatura, della illustrazione e della perfezione dei caratteri.
Di Luigi Bartolini (Cupramontana Ancona 1892 Roma 1963), considerato uno dei più grandi incisori italiani insieme a Morandi, ci accoglie una “Zingara che si pettina” del 1940, carboncino ritoccato ad inchiostro che ha il sapore della ricerca. La nostra necessità d’esser liberi per concepire i nostri disegni incisi è parallela alla nostra necessità di respirare aria libera e buona, le sue parole come una missione.
Di Leonardo Castellani (Faenza 1896 Urbino 1984) troviamo disegno e acquaforte di “Case al monte”, il sapore di spazi e silenzi leopardiani di una Urbino teatro di tutte le sue scelte, motivo e ragione della sua attività grafica. Innovatore ed esperto conoscitore dell’incisione storica, dal 1957 pubblica la rivista “Valbona” con acqueforti originali in edizioni limitata, esempio straordinario della bella stampa.
Di Renato Bruscaglia (Urbino 1921 Bologna 1999) ci affascina una china su carta del 1969, dinamico paesaggio ideale che sembra attraversare l’orizzonte. Strenuo difensore del patrimonio culturale e paesaggistico del territorio, Bruscaglia si nutre del legame tra incisione e poesia e dell’amore per le stamperie d’arte. Interprete della grafica internazionale, quello dell’acquaforte sarà il suo campo
di eccellenza.
E c’è Marcello Lani (Urbino1938-2019) incisore, stampatore e pittore, docente per 36 anni alla Scuola del libro ha formato generazioni di autori con generosità e maestria. Oltre mille calcografie attraverso la tecnica del monotipo che permette di avere un risultato ogni volta diverso dopo un secondo passaggio di stampa sulla calcografia in bianco e nero. In mostra l’incanto di una “Urbino nevosa” , matita e acquerello su carta, veduta che restituisce l’amore di un maestro per la sua città.
Non mancano disegni per le scenografie come quello di Dante Ferretti, (Macerata 1943) che ha lavorato con Pasolini, Scola, Zeffirelli. Vincitore di tre Premi Oscar, “Prova d’orchestra” in esposizione come testimonianza della sua fortunata collaborazione con Fellini.
Il Ritratto di Nella, 1926, di Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado 1894, 1958) prima di liberare il genio della “favola bella” degli Angeli ribelli e la fascinazione delle Amalassunte. Un carboncino su carta di un gigante della Transavanguardia come Enzo Cucchi (Morro D’Alba 1949), il ritmo sinuoso di un autoritratto di Bruno d’Arcevia (Arcevia 1946) che rimanda al dinamismo e alla potenza di pittore dalla straordinaria esperienza visiva e mentale.
Il nostro breve viaggio non esaurisce il valore di una mostra che rappresenta il riscatto del disegno troppo spesso relegato a linguaggio figlio di un dio minore. E lo stupore che ha sostenuto il fare creativo degli artisti lo sentiamo nostro.
Come ci suggerisce Pessoa quello stupore che avrebbe “un bambino se, nel nascere, si accorgesse che è nato davvero”.